Argumentos y libretos de óperas

“Il Trovatore”, de Giuseppe Verdi

Il Trovatore es una ópera romántica en cuatro actos, música de Giuseppe Verdi (Bussetto, 1813 – Milán, 1901), y libreto de Salvatore Cammarano, completado por Leone Emanuele Bardere y basado en el drama homónimo del dramaturgo español Antonio García Gutiérrez. Su estreno tuvo lugar en el Teatro Apolo de Roma, el 19 de enero de 1853.

Personajes

  • Conde de LunaNoble. Enamorado de Leonor — barítono
  • ManriqueMilitar. Prometido de Leonor — tenor
  • LeonorPrometida de Manriquesoprano
  • AzucenaGitana. Supuesta madre de Manrique — mezzosoprano
  • FernandoJefe de la Guardia del Conde de Luna — bajo
  • RuizLugarteniente de Manrique — tenor
  • InésDoncella de Leonorsoprano

Libreto en italiano y español

La acción transcurre en Zaragoza (Aragón, España) en el año 1413.

ATTO I
(Il duello)

Scena Prima

(Atrio nel palazzo dell'Aliaferia.
Da un lato, porta che mette agli
appartamenti del Conte di Luna
Ferrando e molti Familiari del
Conte giacciono presso la porta;
alcuni Uomini d'arme passeggiano
in fondo )

FERRANDO
(ai Familiari vicini ad assopirsi)
All'erta, all'erta! 
Il Conte n'è d'uopo 
attender vigilando;
ed egli talor,
presso i veroni della sua cara,
intere passa le notti. 

FAMILIARI
Gelosia le fiere serpi 
gli avventa in petto! 

FERRANDO 
Nel trovator, che dai giardini
move notturno il canto, 
d'un rivale a dritto ei teme. 

FAMILIARI
Dalle gravi palpebre 
il sonno a discacciar, 
la vera storia ci narra di Garzia,
germano al nostro Conte. 

FERRANDO
La dirò: venite intorno a me. 

(I Familiari eseguiscono) 

ARMIGERI
Noi pure... 

FAMILIARI
Udite, udite. 

(Tutti accerchiano Ferrando) 

FERRANDO 
Di due figli vivea padre beato 
il buon Conte di Luna:
fida nutrice del secondo nato
dormia presso la cuna.
Sul romper dell'aurora 
un bel mattino 
ella dischiude i rai;
e chi trova d'accanto 
a quel bambino? 

CORO
Chi?... Favella... Chi mai? 

FERRANDO
Abbietta zingara, fosca vegliarda! 
Cingeva i simboli 
di una maliarda! 
E sul fanciullo, con viso arcigno, 
l'occhio affiggeva torvo, sanguigno!
D'orror compresa è la nutrice... 
Acuto un grido all'aura scioglie; 
ed ecco, in meno 
che il labbro il dice, 
i servi accorrono in quelle soglie; 
e fra minacce, 
urli e percosse 
la rea discacciano ch'entrarvi osò. 

CORO
Giusto quei petti 
sdegno commosse; 
l'insana vecchia lo provocò. 

FERRANDO 
Asserì che tirar del fanciullino 
l'oroscopo volea... Bugiarda!
Lenta febbre del meschino 
la salute struggea! 
Coverto di pallor,
languido, affranto 
ei tremava la sera. 
Il dì traeva 
in lamentevol pianto... 
Ammaliato egli era! 

(Il coro inorridisce)

La fattucchiera perseguitata 
fu presa, 
e al rogo fu condannata; 
ma rimaneva la maledetta 
figlia, ministra di ria vendetta!
Compi quest'empia 
nefando eccesso!... 
Sparve il fanciullo 
e si rinvenne 
mal spenta brace nel sito istesso 
ov'arsa un giorno 
la strega venne! 
E d'un bambino... ahimè! 
L'ossame bruciato a mezzo, 
fumante ancor! 

CORO
Ah scellerata!... oh donna infame! 
Del par m'investe odio ed orror! 

ALCUNI
E il padre? 

FERRANDO 
Brevi e tristi giorni visse: 
pure ignoto del cor presentimento 
gli diceva che spento
non era il figlio; 
ed, a morir vicino, 
bramò che il signor nostro 
a lui giurasse 
di non cessar le indagini... 
ah! fur vane!... 

ARMIGERI
E di colei non s'ebbe 
contezza mai? 

FERRANDO 
Nulla contezza... 
Oh, dato mi fosse 
rintracciarla un dì!... 

FAMILIARI
Ma ravvisarla potresti? 

FERRANDO 
Calcolando 
gli anni trascorsi... 
Lo potrei. 

ARMIGERI
Sarebbe tempo presso la madre 
all'inferno spedirla. 

FERRANDO 
All'inferno? 
È credenza che dimori 
ancor nel mondo l'anima perduta 
dell'empia strega, 
e quando il cielo è nero 
in varie forme altrui si mostri. 

CORO
(con terrore) 
E vero! 

ALCUNI
Su l'orlo dei tetti 
alcun l'ha veduta! 

ALTRI
In upupa o strige 
talora si muta! 

ALTRI
In corvo tal'altra; 
più spesso in civetta! 
Sull'alba fuggente al par di saetta. 

FERRANDO 
Morì di paura un servo del conte, 
che avea della zingara 
percossa la fronte! 

(Tutti si pingono di superstizioso
terrore) 

Apparve a costui d'un gufo 
in sembianza 
Nell'alta quiete 
di tacita stanza!... 
Con l'occhio lucente 
guardava il cielo 
attristando d'un urlo feral! 
Allor mezzanotte appunto suonava...

(Una campana suona a 
distesa mezzanotte)

TUTTI
Ah! sia maledetta 
la strega infernal! 

(Con subito soprassalto. Odonsi
alcuni tocchi di tamburo. 
Gli uomini d'arme accorrono in 
fondo; i Familiari corrono verso
la porta)

Scena Seconda

(Giardini del palazzo. Sulla destra
marmorea scalinata che mette agli
appartamenti. La notte è inoltrata;
dense nubi coprono la luna.)

INES 
Che più t'arresti?... 
L'ora è tarda: vieni. 
Di te la regal donna chiese, 
l'udisti. 

LEONORA 
Un'altra notte ancora 
senza vederlo... 

INES 
Perigliosa fiamma tu nutri!... 
Oh come, dove la primiera favilla
in te s'apprese? 

LEONORA
Ne' tornei. V'apparve 
Bruno le vesti ed il cimier, 
lo scudo 
bruno e di stemma ignudo,
sconosciuto guerrier, 
che dell'agone gli onori ottenne... 
Al vincitor sul crine 
il serto io posi... 
Civil guerra intanto arse... 
Nol vidi più! 
Come d'aurato sogno 
fuggente imago! 
ed era volta lunga stagion... 
ma poi... 

INES
Che avvenne? 

LEONORA 
Ascolta. 
Tacea la notte placida 
e bella in ciel sereno 
la luna il viso argenteo 
mostrava lieto e pieno... 
Quando suonar per l'aere, 
infino allor sì muto, 
dolci s'udiro e flebili
gli accordi d'un liuto, 
e versi melanconici 
un trovator cantò. 
Versi di prece ed umile 
qual d'uom che prega Iddio,
in quella ripeteasi 
un nome... il nome mio!...
Corsi al veron sollecita... 
Egli era! egli era desso!... 
Gioia provai che agli angeli 
solo è provar concesso!... 
Al core, al guardo estatico 
la terra un ciel sembrò. 

INES
Quanto narrasti di turbamento 
m'ha piena l'alma!... 
Io temo... 

LEONORA
Invano! 

INES 
Dubbio, ma triste presentimento 
in me risveglia quest'uomo arcano! 
Tenta obliarlo... 

LEONORA 
Che dici!... oh basti!... 

INES 
Cedi al consiglio dell'amistà... 
Cedi... 

LEONORA 
Obliarlo! Ah, 
tu parlasti detto, 
che intendere l'alma non sa. 
Di tale amor che dirsi
mal può dalla parola, 
d'amor che intendo io sola,
il cor s'inebriò! 
Il mio destino compiersi 
non può che a lui dappresso... 
S'io non vivrò per esso, 
per esso io morirò! 

INES
Non debba mai pentirsi 
Chi tanto un giorno amò!

(Ascendono agli appartamenti. Il
conte di Luna entra in le giardino)

CONTE 
Tace la notte! 
Immersa nel sonno, è certo, 
la regal signora;
ma veglia la sua dama... 
Oh! Leonora, 
tu desta sei; 
mel dice, da quel verone, 
tremolante un raggio 
della notturna lampa... 
Ah! l'amorosa fiamma 
m'arde ogni fibra!... 
Ch'io ti vegga è d'uopo, 
che tu m'intenda... 
Vengo... A noi supremo 
è tal momento... 

(Cieco d'amore avviasi verso la
gradinata. Odonsi gli accordi d'un
liuto: egli s'arresta) 

Il Trovator! Io fremo! 

LA VOCE DE MANRICO 
Deserto sulla terra, 
col rio destino in guerra 
e sola spese un cor 
al trovator! 
Ma s'ei quel cor possiede, 
bello di casta fede, 
e d'ogni re maggior 
il trovator! 

CONTE
Oh detti!... Oh gelosia!... 
Non m'inganno... 
Ella scende! 

(S'avvolge nel suo mantello) 

LEONORA 
(correndo verso il Conte) 
Anima mia! 

CONTE 
(fra sè)
Che far?

LEONORA 
Più dell'usato 
è tarda l'ora; 
io ne contai gl'istanti 
co' palpiti del core!...
Alfin ti guida pietoso amor 
tra queste braccia... 

MANRICO
Infida!... 

(La luna mostrasi dai nugoli, e
lascia scorgere una persona, di 
cui la visiera nasconde il volto) 

LEONORA 
Qual voce!... 
Ah, dalle tenebre 
tratta in errore io fui!

(riconoscendo entrambi, e
gettandosi ai piedi di Manrico,
agitatissima) 

A te credei rivolgere 
l'accento e non a lui... 
A te, che l'alma mia 
sol chiede, sol desia... 
Io t'amo, il giuro, io t'amo 
d'immenso, eterno amor! 

CONTE 
Ed osi?

MANRICO 
(sollevando Leonora) 
Ah, più non bramo!

CONTE 
Avvampo di furor! 
Se un vil non sei discovriti. 

LEONORA 
Ohimè!

CONTE 
Palesa il nome... 

LEONORA 
Deh, per pietà!... 

MANRICO 
(sollevando la visiera dell'elmo) 
Ravvisami, Manrico io son. 

CONTE 
Tu!... Come! 
Insano temerario!
d'Urgel seguace, 
a morte proscritto, 
ardisci volgerti 
a queste regie porte? 

MANRICO
Che tardi?... 
Or via, le guardie appella, 
ed il rivale 
al ferro del carnefice consegna. 

CONTE 
Il tuo fatale istante 
assai più prossimo è,
dissennato! Vieni... 

LEONORA 
Conte! 

CONTE 
Al mio sdegno vittima 
è d'uopo ch'io ti sveni... 

LEONORA 
Oh ciel! t'arresta... 

CONTE 
Seguimi... 

MANRICO 
Andiam... 

LEONORA 
Che mai farò? 
Un sol mio grido perdere lo puote...
M'odi... 

CONTE 
No! 
Di geloso amor sprezzato 
Arde in me tremendo il foco! 
Il tuo sangue, o sciagurato, 
Ad estinguerlo fia poco! 

(a Leonora) 

Dirgli, o folle, <<Io t'amo>>
ardisti!...
Ei più vivere non può... 
Un accento proferisti 
che a morir lo condannò! 

LEONORA 
Un istante almen dia loco 
il tuo sdegno alla ragione... 
Io, sol io, di tanto foco 
son, pur troppo, la cagione! 
Piombi, ah! piombi il tuo furore 
sulla rea che t'oltraggiò... 
Vibra il ferro in questo core, 
che te amar non vuol, né può. 

MANRICO 
Del superbo vana è l'ira!
Ei cadrà da me trafitto. 
Il mortal che amor t'ispira, 
dall'amor fu reso invitto. 

(al Conte) 

La tua sorte è già compita... 
L'ora ormai per te suonò! 
Il suo core e la tua vita 
il destino a me serbò! 

(I due rivali si allontanano con le
spade sguainate; Leonora cade,
priva di sentimenti)
ACTO I
(El Duelo)

Escena Primera

(Atrio en el palacio de Aljafería. A
un lado, puerta que conduce a los
departamentos del Conde de Luna.
Fernando y numerosa servidumbre
del Conde, que están tendidos junto
a la puerta; algunos soldados
pasean en el fondo)

FERNANDO
(a la servidumbre)
¡Alerta! ¡Alerta! El Conde
Nos ha ordenado 
esperar vigilando
y él con frecuencia 
ante los balcones de su amada 
pasa las noches enteras.

SERVIDUMBRE
Las fieras serpientes de los celos
le muerden el pecho.

FERNANDO
Al trovador, que en los jardines
entona nocturno canto, él, 
con razón, teme como rival

SERVIDUMBRE
Para alejar de los pesados
párpados el sueño, 
cuéntanos la historia de García, 
hermano de nuestro Conde.

FERNANDO
Os la contaré; venid a mi alrededor.

(La servidumbre le siguen) 

SOLDADOS
Nosotros también queremos oírla.

SERVIDUMBRE
Escuchad, escuchad.

(Todos se acercan a Fernando)

FERNANDO
Dos hijos hacían feliz
al buen Conde de Luna.
Fiel nodriza del segundo
dormía junto a su cuna.
Al romper de la aurora 
una bella mañana
ella abrió los ojos
¿Y quién diréis que vio 
junto al niño?

CORO
¿A quién? ¡Habla! ¿A quién?

FERNANDO
Abyecta zíngara, horrible vieja,
que ostentaba los distintivos
de hechicera,
Y en el niño, con rostro ceñudo,
los ojos fijaba torvos, sanguinarios
De horror penetrada la fiel nodriza
con agudo grito el aire traspasó;
y en menos que el labio 
tarda en decirlo criados numerosos 
acudieron en tropel
y entre amenazas, gritos y empujones
a la malvada arrojaron 
que allí entrar osó.

CORO
Justa indignación 
aquellos pechos sintieron
la loca vieja la provocó.

FERNANDO
Aseguró que predecir del niño
el destino quería.
¡Mentirosa! Lenta fiebre, 
desde aquel día,
la salud del infante destruía.
Pálido, lánguido, sin fuerzas 
temblaba por la noche 
y el día pasaba 
en lamentables llantos.
¡Embrujado estaba!

(El coro se horroriza)

La bruja perseguida 
Fue apresada 
y a la hoguera condenada.
Pero quedó la hija maldita.
Que juró tomar malvada venganza.
Cumplió aquella impía 
su nefando propósito.
Desapareció el niño... 
y se encontraron mal apagadas
brasas en el sitio mismo
donde quemada fue la bruja odiosa.
Y de un niño... ¡ay! 
estaban los huesos
medio quemados, 
¡humeantes todavía!

CORO
¡Oh malvada! ¡Oh mujer infame!...
A la vez inspira ira y horror.

ALGUNOS
¿Y el padre?

FERNANDO
Breves y tristes días vivió.
Sin embargo, 
oscuro presentimiento
le decía que muerto no estaba 
su hijo y, próximo a expirar,
quiso que nuestro señor 
le jurase
no cesar la búsqueda...
¡Pero fue en vano!

SOLDADOS
¿Y de la gitana no se tuvo
jamás noticia?

FERNANDO
Jamás.. ¡Oh!  
¡Ojalá dado me fuera 
encontrarla un día! 

SERVIDUMBRE
¿Conocerla podrías?

FERNANDO
Teniendo en cuenta 
los años transcurridos... 
Podría.

SOLDADOS
Sería cosa de junto a su madre
al infierno enviarla.

FERNANDO
¿Al infierno? 
Es creencia que está
Todavía en el mundo el alma maldita
de la impía bruja.
Y que cuando el cielo está negro
en formas diversas se muestra.

CORO
(Con terror)
¡Es cierto!

ALGUNOS
¡En los aleros de los tejados 
ha sido vista!

OTROS
Como pájaro y bruja 
a veces se muestra.

OTROS
Como cuervo y también 
como lechuza
Del alba huyendo como una saeta.

FERNANDO
Murió de miedo un siervo del conde
a quien la zíngara 
besó en la frente

(Todos se llenan de supersticioso
terror)

Se apareció a éste 
con la figura de un búho
en la silenciosa obscuridad 
de solitaria estancia.
Con los ojos brillantes 
miraba al cielo 
con aullido infernal
Era exactamente la medianoche...

(Una campana suena de improviso
tocando doce campanadas)

TODOS
¡Ah, sea maldita 
la bruja infernal!

(Con súbito sobresalto. Se oyen
algunos toques de tambor. Los
hombres de armas corren al fondo y
los sirvientes se dirigen hacia la
puerta)

Escena Segunda

(Jardines del palacio. A la derecha,
una escalera de mármol que conduce a
las habitaciones. Está avanzada la
noche. Densas nubes cubren la luna)

INÉS
¿Qué te detiene ya? 
La hora muy avanzada es; ven.
El conde como esposa te pidió 
a tu hermano; lo oíste.

LEONOR
¡Otra noche 
sin verle!

INÉS
Peligrosa llama en ti arde...
¡Oh! ¿Cómo y dónde la primera chispa
en ti prendió?

LEONOR
En un torneo apareció.
Negros sus vestidos y la cimera,
el escudo negro 
y de blasón desprovisto,
desconocido guerrero que de la lid
los honores obtuvo...
Al vencedor en la cabeza
la corona coloqué... 
La guerra civil en tanto ardía... 
¡No le volví a ver! 
Fue como de un dorado sueño 
la fugitiva imagen. 
Así entramos en el largo invierno... 
Una noche...

INÉS
¿Qué sucedió?

LEONOR
Escucha.
Callaba la noche plácida;
bella en un cielo sereno
la luna mostraba su rostro argentino
alegre y lleno...
Repentinamente sonar en la noche,
hasta entonces tan callada,
se oyeron dulces y suaves
los acordes de un laúd,
y versos melancólicos
un trovador cantó..
Versos de ruego y humildes
como de un hombre que ora a Dios,
y en ellos repetíase
un nombre... ¡el mío!
Corrí al balcón emocionada...
¡Era El! ¡El mismo!...
Dicha sentí que a los ángeles
sólo conocer les es dado...
Al corazón, a la mirada extática
la tierra le pareció un cielo.

INÉS
Cuanto has contado, 
de turbación me ha llenado el alma.
Yo temo.

LEONOR
Vanos son tus temores.

INÉS
Lo dudo; triste presentimiento en mí
despierta ese hombre misterioso 
¡Trata de olvidarlo!

LEONOR
¿Que dices?... ¡Calla!

INÉS
Cede al consejo de la amistad.
Cede, por favor...

LEONOR
¡Olvidarlo! ¡Ah! 
Tu hablas un lenguaje 
que entender el alma no sabe.
Del amor que mal puede
expresarse con palabras
del amor que entiendo yo sola
mi corazón se embriagó.
Mi destino cumplirse
sólo puede a su lado
si no vivo para él,
por él moriré.

INÉS
No tenga jamás que arrepentirse
quien tanto hoy ama.

(Suben al palacio. El conde de Luna
entra en el jardín)

CONDE
Calla la noche. 
Sumida en el sueño 
está la real señora
Pero vela su dama 
Oh Leonor despierta estás ; 
me lo dice en aquel balcón 
el tembloroso rayo 
de la nocturna lámpara
¡Oh!... la amorosa llama
me quema el alma... 
Que yo te vea y luego 
que tú me escuches... 
A ti voy. 
Para nosotros supremo
es este momento...

(Ciego de amor se dirige hacia la
escalinata. Se oyen los acordes de
un laúd y se detiene)

¡El trovador! ¡Tiemblo!

VOZ DE MANRIQUE
Solo en la tierra,
con el malvado destino en guerra
¡Sólo un corazón 
es la esperanza del trovador!
Pero si él ese corazón poseyese,
enamorado y fiel,
¡Mayor es que ningún rey
el trovador.

CONDE
¡Oh, qué canto! ¡Ardo en celos!
No me engaño... 
¡Ella baja!

(Se envuelve en su capa)

LEONOR 
(corriendo hacia el Conde)
¡Alma mía!

CONDE
(para sí)
¿Qué hacer?

LEONOR
Más de lo acostumbrado
has tardado esta noche. 
He contado los instantes
con el palpitar de mi corazón... 
Al fin te guía piadoso amor 
a mis brazos...

MANRIQUE
¡Infiel!

(La luna se descubre entre las nubes
y deja ver una persona con el rostro
oculto por la celada)

LEONOR
¡Su voz!... 
¡Ah, por las tinieblas
llevada a error yo fui!

(Reconoce a los dos hombres y se
echa a los pies de Manrique muy
agitada)

A ti creía dirigir mis palabras 
y no a él...
Tu, a quien el alma mía
sólo ama, sólo desea...
Te amo, lo juro, yo te amo
con inmenso y eterno amor.

CONDE
¿Y te atreves?

MANRIQUE
(levantando a Leonor)
Enterado estoy de tu perfidia

CONDE
Ardo en cólera.
Si un cobarde no sois, descubríos

LEONOR
¡Ay!

CONDE
Decid vuestro nombre...

LEONOR 
¡Ay, por piedad!

MANRIQUE
(levantándose la visera)
Reconocedme: Manrique yo soy

CONDE
¡Vos!... ¡Cómo!
¡Loco temerario!
Del de Urgel partidario, 
proscrito estáis.
¿Osáis llegar hasta 
estas regias puertas?

MANRIQUE
¿A qué esperáis?... 
A la guardia podéis llamar
y vuestro rival 
al hierro del verdugo entregar.

CONDE
Vuestro último instante 
bastante más próximo está, 
insensato. Venid...

LEONOR
¡Conde!

CONDE
A mi inmensa cólera
fuerza es que os sacrifique.

LEONOR
¡Por el cielo, detente!

CONDE
Seguidme

MANRIQUE
Vamos.

LEONOR
¿Qué puedo hacer?
Un solo grito perderlo puede...
Escuchadme

CONDE
¡No!
De celoso amor despreciado
arde en mí terrible fuego.
Vuestra sangre, oh desgraciado,
para apagarlo será poca.

(A Leonor)

A decirle, oh loca.
«Yo te amo» te atreviste
y él no puede continuar viviendo...
Unas palabras proferiste
que a morir le condenaron.

LEONOR
Un instante al menos conceda
tu indignación a la razón...
Yo, sólo yo, de ese fuego soy,
desgraciadamente, la causa;
caiga, ah, caiga tu furor
sobre la malvada que te ultrajó.
Hunde el hierro en este corazón
que amarte no quiere, no puede.

MANRIQUE
De ese soberbio la ira es vana,
caerá por mí traspasado.
El hombre que amas, por tu amor,
quedará invicto.

(Al Conde)

Vuestra suerte está echada,
vuestra última hora sonó.
Su corazón y vuestra vida
el destino ha puesto en mis manos.

(Los dos rivales se alejan con las
espadas desenvainadas; Leonor cae
al suelo sin sentido)
 
ATTO II
(La Zingara)

Scena Prima

(Un diruto abituro sulle falde di
un monte della Biscaglia. Nel fondo,
quasi tutto aperto, arde un gran
fuoco. I primi albori. Azucena 
siede presso il fuoco. Manrico le
sta disteso accanto sopra una 
coltrice ed avviluppato nel suo 
mantello; ha l'elmo ai piedi e fra
le mani la spada, su cui figge 
immobilmente lo sguardo. Una banda
di Zingari è sparsa all'interno)

ZINGARI
Vedi! 
Le fosche notturne spoglie 
de' cieli sveste 
l'immensa volta; 
sembra una vedova 
che alfin si toglie 
i bruni panni 
ond'era involta.
All'opra! all'opra! 
Dagli, martella. 

(Danno di piglio ai loro ferri del
mestiere; al misurato tempestare dei
martelli cadenti sulle incudini, or
uomini, or donne, e tutti in un 
tempo infine intonano la cantilena
seguente:)

Chi del gitano 
i giorni abbella? 
La zingarella! 

UOMINI
(alle donne)
Versami un tratto; lena e coraggio 
il corpo e l'anima traggon dal bere. 

(Le donne mescono ad essi in coppe)

TUTTI
Oh guarda, guarda! 
Del sole un raggio brilla più vivido
nel mio/tuo bicchiere! 
All'opra, all'opra... 
Dagli, martella... 
Chi del gitano i giorni abbella? 
La zingarella! 

AZUCENA
Stride la vampa!
La folla indomita corre a quel 
fuoco lieta in sembianza; 
urli di gioia intorno echeggiano: 
Cinta di sgherri 
donna s'avanza! 
Sinistra splende 
sui volti orribili 
la tetra fiamma 
che s'alza al ciel! 
Stride la vampa!
Giunge la vittima 
nero vestita,
discinta e scalza! 
Grido feroce di morte levasi;
l'eco il ripete 
di balza in balza! 
Sinistra splende 
sui volti orribili
la tetra fiamma 
che s'alza al ciel! 

ZINGARI
Mesta è la tua canzon! 

AZUCENA
Del pari mesta che la storia funesta
da cui tragge argomento! 

(Rivolge il capo dalla parte di
Manrico e mormora sommessamente:)

Mi vendica... Mi vendica! 

MANRICO
(fra sè)
L'arcana parola ognor!

VECCHIO ZINGARO
Compagni, avanza il giorno 
a procacciarci un pan, su, su!...
scendiamo per le propinque ville. 

UOMINI
Andiamo. 

(Ripongono sollecitamente nel sacco
i loro arnesi)

DONNE
Andiamo. 

(Tutti scendono alla rinfusa giù per
la china; tratto tratto e sempre a
distanza odesi il loro canto)

ZINGARI
Chi del gitano 
i giorni abbella? 
La zingarella! 

MANRICO
Soli or siamo; deh, narra 
questa storia funesta. 

AZUCENA
E tu la ignori, 
Tu pur!... Ma, giovinetto,
i passi tuoi 
d'ambizion lo sprone lungi traea!...
Dell'ava il fine acerbo
e quest'istoria... 
La incolpò superbo 
conte di malefizio, 
onde asseria colto un bambin 
suo figlio... 
Essa bruciata venne ov'arde 
quel foco! 

MANRICO
(rifuggendo con raccapriccio dalla
fiamma)
Ahi! Sciagurata! 

AZUCENA
Condotta ell'era in ceppi al suo
destin tremendo! 
Col figlio sulle braccia, 
io la seguia piangendo. 
Infino ad essa un varco tentai, 
ma invano aprirmi... 
Invan tentò la misera 
fermarsi e benedirmi! 
Ché, fra bestemmie oscene,
pungendola coi ferri, 
al rogo la cacciavano 
gli scellerati sgherri! 
Allor, con tronco accento: 
Mi vendica! esclamò. 
Quel detto un'eco eterna 
in questo cor lasciò. 

MANRICO 
La vendicasti? 

AZUCENA 
Il figlio giunsi a rapir del Conte: 
Lo trascinai qui meco... 
Le fiamme ardean già pronte. 

MANRICO 
Le fiamme!... oh ciel!... 
Tu forse?... 

AZUCENA 
Ei distruggeasi in pianto... 
Io mi sentiva il core dilaniato,
infranto!... 
Quand'ecco agli egri spirti, 
come in un sogno, apparve 
la vision ferale 
di spaventose larve! 
Gli sgherri ed il supplizio!... 
La madre smorta in volto... 
Scalza, discinta!... il grido, 
il noto grido ascolto... 
Mi vendica!... 
La mano convulsa tendo... stringo 
la vittima... nel foco la traggo, 
la sospingo... 
Cessa il fatal delirio... 
L'orrida scena fugge... 
La fiamma sol divampa, 
e la sua preda strugge! 
Pur volgo intorno il guardo 
e innanzi a me vegg'io 
dell'empio Conte il figlio... 

MANRICO 
Ah! come? 

AZUCENA 
Il figlio mio, 
Mio figlio avea bruciato! 

MANRICO 
Che dici! quale orror! 

AZUCENA 
Sul capo mio le chiome 
sento rizzarsi ancor! 

(Azucena ricade, Manrico ammutolisce
colpito d'orrore e di sorpresa. 
Momenti di silenzio) 

MANRICO 
Non son tuo figlio? 
E chi son io, chi dunque? 

AZUCENA 
Tu sei mio figlio! 

MANRICO 
Eppur dicesti... 

AZUCENA 
Ah!... forse... 
Che vuoi! quando al pensier
s'affaccia il truce caso,
lo spirto intenebrato pone 
stolte parole sul mio labbro...
Madre,  tenera madre 
non m'avesti ognora? 

MANRICO 
Potrei negarlo? 

AZUCENA 
A me, se vivi ancora, nol dei? 
Notturna, 
nei pugnati campi di Velilla, 
ove spento fama ti disse,
a darti sepoltura non mossi?
La fuggente aura vital 
non iscovrì,
nel seno non t'arrestò 
materno affetto?... 
E quante cure non spesi 
a risanar le tante ferite! ... 

MANRICO 
Che portai nel dì fatale... 
Ma tutte qui, nel petto!... 
Io sol, fra mille già sbandati,
al nemico volgendo 
ancor la faccia!... 
Il rio De Luna su me piombò 
col suo drappello; io caddi, 
però da forte io caddi! 

AZUCENA 
Ecco mercede ai giorni, 
che l'infame nel singolar certame 
ebbe salvi da te!... 
Qual t'acciecava 
strana pietà per esso? 

MANRICO 
Oh madre!... 
Non saprei dirlo a me stesso! 
Mal reggendo all'aspro assalto, 
ei già tocco il suolo avea: 
Balenava il colpo in alto 
che trafiggerlo dovea... 
Quando arresta un moto arcano, 
nel discender, questa mano... 
Le mie fibre acuto gelo 
fa repente abbrividir! 
Mentre un grido vien dal cielo, 
che mi dice: 
Non ferir! 

AZUCENA 
Ma nell'alma dell'ingrato 
non parlò del cielo un detto! 
Oh! se ancor ti spinge il fato 
a pugnar col maledetto, 
compi, o figlio, 
qual d'un Dio, 
compi allora il cenno mio! 
Sino all'elsa questa lama 
vibra, immergi all'empio in cor. 

MANRICO 
Sì, lo giuro, 
questa lama scenderà 
dell'empio in cor.

(Odesi un prolungato suono di
corno) 

L'usato messo Ruiz invia! 
Forse... 

AZUCENA 
Mi vendica! 

(Resta concentrata)

MANRICO
(al Messo) 
Inoltra il piè. 
Guerresco evento, dimmi, seguìa? 

MESSO 
Risponda il foglio 
che reco a te. 

MANRICO 
"In nostra possa è Castellor; 
ne dei tu, per cenno del prence,
vigilar le difese. 
Ove ti è dato, 
affrettati a venir...
Giunta la sera, 
tratta in inganno 
di tua morte al grido, 
nel vicin Chiostro della croce 
il velo cingerà Leonora".

(con dolorosa esclamazione) 

Oh giusto cielo! 

AZUCENA 
(fra sè)
Che fia!

MANRICO 
(al Messo) 
Veloce scendi la balza, 
e d'un cavallo a me provvedi... 

MESSO 
Corro... 

AZUCENA 
Manrico! 

MANRICO 
Il tempo incalza... 
Vola, m'aspetta del colle a' piedi. 

(Il Messo parte frettolosamente) 

AZUCENA 
E speri, e vuoi?... 

MANRICO 
(fra sè)
Perderla?... Oh ambascia!... 
Perder quell'angelo?...

AZUCENA 
(fra sè)
È fuor di sé!

MANRICO 
(postosi l'elmo ed il mantello) 
Addio... 

AZUCENA 
No... ferma... odi... 

MANRICO 
Mi lascia... 

AZUCENA 
Ferma... Son io che parlo a te! 
Perigliarti ancor languente 
per cammin selvaggio ed ermo! 
Le ferite vuoi, demente, 
riaprir del petto infermo? 
No, soffrirlo non poss'io... 
Il tuo sangue è sangue mio!... 
Ogni stilla che ne versi 
tu la spremi dal mio cor! 

MANRICO 
Un momento può involarmi 
il mio ben, la mia speranza!... 
No, che basti ad arrestarmi 
terra e ciel non han possanza... 
Ah!... mi sgombra, o madre, 
i passi... 
Guai per te s'io qui restassi! ... 
Tu vedresti ai piedi tuoi 
spento il figlio dal dolor! 

(S'allontana, indarno trattenuto
da Azucena)

Scena Seconda

(Atrio interno di un luogo di ritiro
in vicinanza di Castellor. Alberi nel
fondo. È notte. Il Conte, Ferrando
ed alcuni Seguaci inoltrandosi
cautamente avviluppati nei loro
mantelli)

CONTE 
Tutto è deserto, 
né per l'aura ancora 
suona l'usato carme... 
In tempo io giungo! 

FERRANDO 
Ardita opra, o Signore, 
imprendi. 

CONTE 
Ardita, e qual furente amore 
ed irritato orgoglio chiesero a me. 
Spento il rival, caduto 
ogni ostacol sembrava 
a' miei desiri; 
novello e più possente 
ella ne appresta... 
L'altare! 
Ah no, non fia d'altri Leonora!... 
Leonora è mia! 
Il balen del suo sorriso 
d'una stella vince il raggio! 
Il fulgor del suo bel viso 
novo infonde in me coraggio!... 
Ah! l'amor, l'amore ond'ardo 
le favelli in mio favor! 
Sperda il sole d'un suo sguardo 
la tempesta del mio cor. 

(Odesi il rintocco de' sacri bronzi) 

Qual suono!... oh ciel... 

FERRANDO 
La squilla 
vicino il rito annunzia! 

CONTE 
Ah! pria che giunga 
all'altar... si rapisca!... 

FERRANDO 
Ah bada! 

CONTE 
Taci!... 
Non odo... andate... 
di quei faggi 
all'ombra Celatevi... 

(Ferrando e seguaci si allontanano) 

Ah! fra poco mia diverrà... 
Tutto m'investe un foco! 

(Ansioso, guardingo osserva dalla
parte donde deve giungere Leonora,
mentre Ferrando e i Seguaci dicono
sottovoce:) 

FERRANDO, SEGUACI
Ardire!... Andiam... celiamoci 
fra l'ombre... nel mister! 
Ardire!... Andiam!... silenzio! 
Si compia il suo voler. 

CONTE
Per me, ora fatale, 
i tuoi momenti affretta: 
La gioia che m'aspetta 
gioia mortal non è!... 
Invano un Dio rivale 
s'oppone all'amor mio: 
Non può nemmeno un Dio, 
donna, rapirti a me! 

(S'allontana a poco a poco e si
nasconde col Coro fra gli alberi) 

CORO RELIGIOSE
Ah!... se l'error t'ingombra, 
o figlia d'Eva, i rai, 
presso a morir, vedrai 
che un'ombra, un sogno fu, 
anzi del sogno un'ombra 
la speme di quaggiù! 
Vieni e t'asconda il velo 
ad ogni sguardo umano! 
Aura o pensier mondano 
qui vivo più non è. 
Al ciel ti volgi e il cielo 
si schiuderà per te. 

(Leonora con Ines e seguito 
muliebre)

LEONORA 
Perchè piangete? 

DONNE
Ah!... dunque tu per sempre 
ne lasci! 

LEONORA 
O dolci amiche, 
un riso, una speranza, 
un fior la terra non ha per me! 
Degg'io volgermi a Quei che 
degli afflitti è solo 
sostegno e dopo 
i penitenti giorni 
può fra gli eletti 
al mio perduto bene 
ricongiungermi un dì!... 
Tergete i rai 
e guidatemi all'ara!:

CONTE
No, giammai!... 

DONNE
Il Conte! 

LEONORA 
Giusto ciel! 

CONTE 
Per te non avvi 
che l'ara d'imeneo. 

DONNE
Cotanto ardia!... 

LEONORA 
Insano!... E qui venisti?... 

CONTE 
A farti mia. 

(E sì dicendo scagliasi verso
Leonora, onde impadronirsi di lei,
ma fra esso e la preda trovasi, qual
fantasma sorto di sotterra, Manrico.
Un grido universale irrompe) 

LEONORA 
E deggio... e posso crederlo? 
Ti veggo a me d'accanto! 
È questo un sogno, un'estasi, 
un sovrumano incanto! 
Non regge a tanto giubilo 
rapito, il cor sospeso! 
Sei tu dal ciel disceso, 
o in ciel son io cor te? 

CONTE 
Dunque gli estinti lasciano 
di morte il regno eterno; 
a danno mio rinunzia 
le prede sue l'inferno! 
Ma se non mai si fransero 
de' giorni tuoi gli stami, 
se vivi e viver brami, 
fuggi da lei, da me.  

MANRICO
Né m'ebbe il ciel, 
né l'orrido 
varco infernal sentiero... 
Infami sgherri vibrano 
mortali colpi, è vero! 
Potenza irresistibile 
hanno de' fiumi l'onde! 
Ma gli empi un Dio confonde! 
Quel Dio soccorse a me. 

DONNE
(a Leonora) 
Il cielo in cui fidasti 
pietade avea di te. 

FERRANDO, SEGUACI
(al Conte) 
Tu col destin contrasti: 
Suo difensore egli è. 

(Ruiz seguito da una lunga tratta
 di Armati, e detti 

RUIZ 
Urgel viva! 

MANRICO 
Miei prodi guerrieri! 

RUIZ 
Vieni... 

MANRICO 
(a Leonora) 
Donna, mi segui. 

CONTE 
E tu speri? 

LEONORA 
Ah! 

MANRICO 
(al Conte) 
T'arresta... 

CONTE
(sguainando la spada) 
Involarmi costei! No! 

RUIZ, ARMATI
(accerchiando il Conte) 
Vaneggi! 

FERRANDO, SEGUACI
Che tenti, Signor? 

(Il Conte è disarmato da quei di
Ruiz) 

CONTE 
Di ragione ogni lume perdei! 

LEONORA 
(fra sè)
M'atterrisce...

CONTE 
Ho le furie nel cor! 

RUIZ, ARMATI
(a Manrico) 
Vien: 
la sorte sorride per te. 

FERRANDO, SEGUACI 
(al Conte) 
Cedi; 
or ceder viltade non è. 

(Manrico tragge seco Leonora, il
Conte è respinto; le donne
rifuggono al cenobio)
ACTO II
(La Gitana)

Escena Primera

(Una derruida choza en la falda de
un monte de Vizcaya. En el fondo,
casi abierto por completo, arde una
gran hoguera. Comienza a amanecer.
Azucena sentada cerca del fuego. 
Manrique está tendido a su lado 
en un colchón y envuelto en su
capa; tiene el yelmo a los pies y
la espada entre las manos. 
Un grupo de gitanos aparece y rodea
a la pareja)

GITANOS
¡Ved! 
Las sombras nocturnas se retiran, 
de los cielos desnuda 
queda la inmensa bóveda;
parece una viuda 
que al fin se quita
los negros paños 
con que se envolvía.
¡A trabajar! ¡A trabajar! 
Golpea, dale al martillo.

(Cogen los martillos y golpean
mesuradamente los hierros
candentes  mientras, ora  los
hombres, ora las mujeres y, al fin,
todos juntos, entonan el siguiente
estribillo:)

¿Quién del gitano 
los días embellece?
¡La gitanilla!

HOMBRES 
(a las mujeres)
Fuego; fuerza y coraje  
al cuerpo y al alma da el beber.

(Las mujeres les entregan copas)

TODOS
Oh, mira; oh, mira, del sol un rayo.
brilla más vívido en mi/tu vaso 
A trabajar, a trabajar... 
Golpea, dale al martillo
¿Quién del gitano 
los días embellece? 
¡La gitanilla!

AZUCENA
¡Flamean las llamas!
¡La muchedumbre indómita
corre hacia el fuego!
Con alegre semblante
alaridos de gozo
por doquier se escuchan.
Rodeada de esbirros 
una mujer avanza.
Siniestra ilumina,
sus rostros horribles,
la tétrica llama 
que se alza al cielo.
¡Flamean las llamas!
Llega la víctima de negro vestida,
desceñida y descalza.
Grito feroz de muerte se eleva.
El eco lo repite de roca en roca.
Siniestra ilumina 
sus rostros horribles
la tétrica llama 
que se alza al cielo.

GITANOS
¡Triste es tu canción!

AZUCENA
Igual de triste que la historia
funesta cuyo argumento cuenta.

(Vuelve la cabeza hacia Manrique y
murmura sombríamente)

¡Véngame!... ¡Véngame!

MANRIQUE
(para sí)
¡Otra vez la misteriosa palabra.!

UN VIEJO GITANO
Compañeros, el día avanza;
a por el pan del sustento vayamos
a las villas cercanas.

HOMBRES
Vamos.

(Colocan cuidadosamente los útiles
de su trabajo en un saco)

MUJERES
Vamos.

(Bajan sin orden por la cuesta; de
vez en cuando, y cada vez a mayor
distancia, se oye su canto)

GITANOS
¿Quién del gitano 
los días embellece?
¡La gitanilla!

MANRIQUE
Solos ahora estamos; 
cuenta esa historia funesta.

AZUCENA
¡Y tú la ignoras!¡Tú!... 
Jovencito ambicioso
tus pasos los espolea.
Lo que consideras 
la tragedia de tu nacimiento... 
¡De tu abuela el fin funesto 
cuenta esa historia...!
La acusó soberbio conde 
de maleficio, 
asegurando que víctima era 
un niño hijo suyo... 
Ella quemada donde arde ese fuego.

MANRIQUE
(apartándose con sobresalto de las
llamas)
¡Ah, desventurada!

AZUCENA
Atada fue conducida 
a su destino tremendo.
Con mi hijo en brazos, 
cuyo la seguía llorando.
Hasta ella intenté, en vano, 
abrirme camino...
Y en vano intentó 
la mísera detenerse y bendecirme,
porque entre blasfemias obscenas,
empujándola con sus hierros,
a la hoguera la arrojaron 
los malvados verdugos;
entonces, con ronco acento:
¡véngame!, exclamó; 
aquella palabra un eco eterno 
en mi corazón dejó.

MANRIQUE
¿La vengaste?

AZUCENA
El hijo llegué a raptar del Conde;
aquí le traje conmigo...
La hoguera ardía ya dispuesta.

MANRIQUE
¡La hoguera!... ¡Oh, cielo!... 
¿Tú quizá?...

AZUCENA
El niño se deshacía en llanto...
Yo sentía mi corazón 
vacilar, angustiarse,
cuando he aquí que aparecen 
como en un sueño,
en funesta visión, 
terrible y fantasmal,
los verdugos, el suplicio...
El lívido rostro de mi madre,
descalza, desceñida... 
El grito, 
el conocido grito escucho:
¡Véngame!... 
La mano convulsa tiendo, 
cojo la víctima... 
al fuego la acerco, la arrojo,
cesa el fatal delirio, 
la horrenda visión huye...
¡La hoguera crepita 
y su presa devora!
Miro a mi alrededor y veo
del impío Conde el hijo ileso...

MANRIQUE
¡Eh! ¿Cómo?

AZUCENA
¡Mi hijo!
¡Mi propio hijo había quemado!

MANRIQUE
¿Qué dices? ¡Qué horror!

AZUCENA
Sobre mi cabeza, 
mis cabellos siento erizarse todavía.

(Azucena se desploma. Manrique
permanece mudo por el horror y la
sorpresa)

MANRIQUE
¿Yo no soy tu hijo?.
¿Quién soy yo, entonces?

AZUCENA
¡Tu eres mi hijo!

MANRIQUE
No obstante dijiste...

AZUCENA
¡Ah!... quizá... ¡Qué quieres! 
Cuando mi pensamiento 
se dirige a la cruel historia, 
el espíritu entenebrecido 
pone necias palabras en mis labios...
¿Madre, tierna madre no he sido
siempre para ti?

MANRIQUE
¿Podría acaso negarlo?

AZUCENA
¿A mí, el que vivas todavía no debes? 
De noche,
por el campo de batalla de Velilla,
donde muerto, te señaló la fama, 
¿a darte sepultura 
no acudí presurosa? 
¿La vida que se te escapaba 
no descubrí, y mi maternal afecto
no detuvo en tu pecho?... 
¿Y cuántos cuidados no te prodigué 
para curar tantas heridas?

MANRIQUE 
¡Sí, las que recibí ese día fatal!
Todas aquí, en el pecho... 
Yo solo, entre mil que huían, 
al enemigo hice frente.
El malvado Conde de Luna
ante mí apareció 
al frente de sus huestes.
Ante sus numerosos hombres yo caí.

AZUCENA
He ahí el pago que dio el infame
al día en que en singular combate
le perdonaste la vida... 
¿Qué extraordinaria piedad 
por él te cegó?

MANRIQUE
¡Oh, madre, ni a mi mismo 
me lo logro explicar!
Soportando mal mi terrible asalto
ya el suelo tocado había,
brillaba en lo alto el arma
que traspasarlo debía...
Repentinamente, 
la detiene un impulso extraño.
Al descender, esta mano...
Mis fibras, intenso frío,
hace en el momento estremecer
mientras un grito venía del cielo
que me decía: ¡No lo hieras!

AZUCENA
Pero en el alma del ingrato
no habló el cielo lo mismo
¡Oh! Si algún día te lleva el destino
a luchar con el maldito, 
cumple, ¡oh, hijo!,
como si fuera la orden de Dios,
cumple entonces con mi mandato:
¡Hasta la empuñadura esta daga
hunde en su impío corazón.!

MANRIQUE
Sí, lo juro: 
¡Esta daga llegará 
a su impío corazón!

(Se oye el prolongado sonido de un
cuerno)

El mensajero Ruiz me envía.
Quizá...

AZUCENA
¡Véngame!

(Se pierde en sus pensamientos)

MANRIQUE 
(al mensajero)
Adelante.
¿De la guerra noticias me traes?

MENSAJERO
Te responda el mensaje 
que te entrego.

MANRIQUE
«Castellar ha caído 
en nuestras manos;
tú debes, por orden del príncipe,
vigilar sus defensas. 
En cuanto te sea posible,
apresúrate a venir... 
Esta noche, llevada por el engaño 
de tu falsa muerte,
en el cercano claustro, 
de religiosa el velo ceñirá Leonor.»

(Con dolor)

¡Oh! justo cielo!

AZUCENA
(para sí)
¿Qué sucede?

MANRIQUE 
(al mensajero)
Vete veloz.
Y de un caballo provéeme.

MENSAJERO
Corro.

AZUCENA 
¡Manrique!

MANRIQUE
El tiempo apremia, vuela,
espérame al pie del collado.

(El mensajero sale)

AZUCENA
¿Qué es lo que ocurre?

MANRIQUE
(para sí)
¿Perderla?..; ¡Oh, angustia!...
¡Perder a ese ángel!)

AZUCENA
(para sí)
Está fuera de sí.

MANRIQUE
(se pone el yelmo y coge la capa)
¡Adiós!

AZUCENA
¡No!... ¡Detente!... ¡Escucha!

MANRIQUE
¡Déjame!

AZUCENA
¡Detente!... Soy yo quien te habla.
Vas a lanzarte, todavía débil,
por caminos salvajes y yermos;
las heridas quieres, demente,
reabrir en el pecho enfermo.
¡No puedo consentirlo, no puedo!
Tu sangre es mi sangre...
Cada lágrima que viertes
tú la exprimes de mi corazón.

MANRIQUE
Un momento puede robarme
mi bien, mi esperanza.
¡No! Para detenerme no hay
en la tierra y el cielo poder alguno.
¡Ah!... no me impidas, 
oh madre, ir...
¡Ay de ti si yo aquí quedase!
Verías a tus pies
tu hijo de dolor morir.

(Se marcha a pesar de los esfuerzos
de Azucena por retenerle)

Escena Segunda

(Entrada de un convento en las
cercanías de Castellar. Arboles en
el fondo. Es de noche El Conde,
Fernando y algunos hombres se
dirigen al convento  cautelosamente
envueltos en sus capas)

CONDE
Todo está desierto y silencioso.
Aún no se oye 
el acostumbrado toque.
¡A tiempo llego!

FERNANDO
Audaz empresa, oh señor,
osáis emprender.

CONDE
Audaz, como mi ardiente amor
e irritado orgullo exigen de mi. 
Muerto mi rival, 
desaparecido parecía 
todo obstáculo en mi camino,
pero nuevo y más poderoso 
ella ha creado: ¡El altar! 
¡Ah! no será de otro Leonor...  
¡Leonor es mía!
El resplandor de su sonrisa
de una estrella vence el brillo;
el encanto de su rostro hermoso
nuevo valor infunde en mi...
¡Ah! el amor, 
el amor en que me quemo
sepa hablarle en mi favor,
disipe el sol de su mirada
la tempestad que ruge en mi cora ón.

(Se oye tocar las campanas)

¡Ya tocan!... ¡Oh cielo!

FERNANDO
Las campanas 
próximo el rito anuncian.

CONDE
¡Ah! ¡Antes de que llegue 
al altar... la raptaré!

FERNANDO
¡Oh, conteneos!

CONDE
¡Calla!...
No te escucho...
Id... en la oscuridad 
de aquellos árboles ocultaos...

(Fernando y los hombres se alejan)

¡Ah!, dentro de poco mía será...
¡El amor es fuego que me domina!

(Ansiosamente mira a la parte por
donde ha de llegar Leonor, mientras
Fernando y los hombres dicen en
voz baja:)

FERNANDO, HOMBRES
¡Valor!... Vamos...ocultémonos
Entre las sombras... en el misterio
¡Valor! Vamos... silencio,
Cúmplase su voluntad

CONDE 
Hora para mí terrible 
tus momentos apresura;
la dicha que me espera
dicha para un mortal no es...
en vano un Dios rival
se opone al amor mío;
no puede siquiera un Dios, Leonor,
arrebatarte a mí.

(Va a reunirse con sus
acompañantes entre los árboles)

MONJAS
¡Ah! si la maldad te oprime,
¡Oh! hija de Eva, los desengaños,
al morir, verás que una sombra, 
un sueño fueron;
más bien la sombra de un sueño
son las esperanzas de aquí abajo.
Ven, y te oculte el velo
a toda mirada humana.
Sentimiento o pensamiento
mundano aquí vivir no pueden.
Al cielo vuelve tu mirada y el cielo
se abrirá para ti.

(Leonor, entra seguida de Inés y
algunas monjas)

LEONOR
¿Por qué lloras?

INÉS
¡Ah! porque tu para siempre 
nos dejas

LEONOR
Oh dulces amigas, 
una sonrisa, 
una esperanza, una flor, 
la tierra para mí no tiene. 
Deseo yo entregarme 
a Aquel que de los afligidos 
es luz y conforto, 
y después de los tristes días 
podré entre los elegidos 
con mi perdido bien reunirme... 
Secad las lágrimas
y acompañadme al altar.

CONDE 
¡No, jamás!

INÉS, MONJAS
¡El Conde!

LEONOR
¡Justo cielo!

CONDE.
No tendrás más altar 
que el de himeneo.

INÉS, MONJAS
¡Cuán grande es su amor!

LEONOR
¡Loco!... ¿A qué has venido?

CONDE
A hacerte mía.

(Al decir esto se dirige hacia
Leonor, pero entre ellos se
interpone repentinamente Manrique.
Todos los presentes dan un grito
de sorpresa)

LEONOR
¡Es él!...   ¿Puedo creerlo?
¡Le veo a mi lado!
¡Es esto un sueño, un éxtasis,
un sobrehumano encanto!
No alcanza a tanta dicha
el corazón sorprendido y arrobado.
¿Tú has bajado del cielo
o en el cielo estoy contigo?

CONDE
¡Entonces los extintos 
pueden huir de la muerte! 
¡Por mi desgracia renuncia
a sus presas el infierno!
Pero si jamás se rompió
de tu vida el hilo
si vives y vivir deseas
huye de ella, de mí.

MANRIQUE
No me ha tenido el cielo, 
y jamás he recorrido 
el sendero infernal...
Infames golpes vuestros esbirros 
me dieron, es verdad.
Pero un poder irresistible
que a los impíos 
un Dios confunde
y ese Dios me socorrió a mi.

INÉS, MONJAS
(a Leonor)
El cielo en quien confiaste
piedad ha tenido de ti.

FERNANDO. HOMBRES
(al Conde)
Con el destino en vano luchasteis
se erigió en su defensor

(Ruiz entra seguido de gran 
número de hombres armados)

RUIZ
¡Viva el Conde Urgel!

MANRIQUE
¡Mis valientes guerreros!

RUIZ
Vamos...

MANRIQUE
(a Leonor)
Leonor, ¡sígueme!

CONDE
¿Y crees que podrás llevártela?

LEONOR
¡Oh!

MANRIQUE 
(al Conde)
¡Quieto!

CONDE 
(desenvaina la espada)
¿Robármela? ¡No!

RUIZ, SOLDADOS
(rodeando al Conde)
¡Deliras!

FERNANDO. HOMBRES
¿Qué podéis intentar, señor?

(El Conde es desarmado por los
hombres de Ruiz)

CONDE
¡Se me ha ofuscado la razón!

LEONOR
(para sí)
¡Me aterra!

CONDE
¡Las furias tengo en el corazón!

RUIZ , SOLDADOS
(a Manrique)
!Vamos¡
Hoy la suerte es benévola contigo.

FERNANDO, HOMBRES
(al Conde)
Ceded. 
Ahora rendirse cobardía no es.

(Manrique se lleva consigo a Leonor:
el Conde retrocede; las monjas
se refugian en el convento)
 
ATTO III
(Il Figlio della Zingara.)

Scena Prima

(Accampamento. A destra il
padiglione del Conte di Luna, su
cui sventola la bandiera in segno
di supremo comando; da lungi
torreggia Castellor. Scolte di
uomini d'arme dappertutto; alcuni
giuocano, altri puliscono le armi,
altri passeggiano, poi Ferrando dal
padiglione del Conte)

ALCUNI ARMIGERI
Or co' dadi, 
ma fra poco 
giuocherem ben altro gioco. 

ALTRI
Quest'acciar, dal sangue or terso, 
Fia di sangue in breve asperso! 

(Odonsi strumenti guerrieri) 

ALCUNI
Il soccorso dimandato! 

ALTRI
Han l'aspetto del valor! 

(Un grosso drappello di balestieri,
in completa armatura, travesa il
campo)

TUTTI
Più l'assalto ritardato 
or non fia di Castellor. 

FERRANDO 
Sì, prodi amici; 
al dì novello è  mente 
del capitan la rocca 
investir d'ogni parte. 
Colà pingue bottino 
certezza è rinvenir 
più che speranza. 
Si vinca; è nostro. 

TUTTI
Tu c'inviti a danza! 
Squilli, echeggi 
la tromba guerriera, 
chiami all'armi, 
alla pugna,
all'assalto; 
fia domani la nostra bandiera 
di quei merli piantata sull'alto. 
No, giammai non sorrise vittoria 
di più liete speranze finor!... 
Ivi l'util ci aspetta e la gloria, 
ivi opimi la preda e l'onor. 

(il conte uscito dalla tenda volge
 uno sguardo bieco a Castellor) 

CONTE
In braccio al mio rival! 
Questo pensiero 
come persecutor 
demone ovunque m'insegue!... 
In braccio al mio rival!... 
Ma corro, 
surta appena l'aurora,
io corro e separarvi... Oh Leonora! 

(Odesi tumulto)

Che fu? 

FERRANDO
Dappresso il campo 
s'aggirava una zingara: 
sorpresa da' nostri esploratori,
si volse in fuga; essi, 
a ragion temendo.
Una spia nella trista, 
l'inseguir... 

CONTE
Fu raggiunta? 

FERRANDO
È presa. 

CONTE
Vista  l'hai tu? 

FERRANDO
No; della scorta 
il condottier m'apprese l'evento. 

CONTE
Eccola. 

(Tumulto più vicino. Detti, Azucena,
con le mani avvinte, trascinata 
dagli esploratori, un codazzo 
d'altri soldati)

ESPLORATORI
Innanzi, o strega, innanzi... 

AZUCENA 
Aita!... Mi lasciate... O furibondi 
Che mal fec'io? 

CONTE 
S'appressi. 

(Azucena è tratta innanzi al Conte) 

A me rispondi 
e trema dal mentir! 

AZUCENA 
Chiedi! 

CONTE 
Ove vai? 

AZUCENA 
Nol so. 

CONTE 
Che? 

AZUCENA 
D'una zingara è costume 
muover senza disegno 
il passo vagabondo, 
ed è suo tetto il ciel, 
sua patria il mondo. 

CONTE 
E vieni? 

AZUCENA
Da Biscaglia, ove finora 
le sterili montagne 
ebbi a ricetto! 

CONTE 
Da Biscaglia!

FERRANDO 
(fra sè)
Che intesi!... O qual sospetto!

AZUCENA 
Giorni poveri vivea, 
pur contenta del mio stato; 
sola speme un figlio avea... 
Mi lasciò!... 
m'oblia, l'ingrato! 
Io deserta, vado errando 
di quel figlio ricercando, 
di quel figlio che al mio core 
pene orribili costò!... 
Qual per esso provo amore 
madre in terra non provò! 

FERRANDO 
(fra sè)
Il Suo volto!

CONTE 
Di', traesti lunga etade 
tra quei monti? 

AZUCENA 
Lunga, sì. 

CONTE 
Rammenteresti un fanciul, 
prole di conti, 
involato al suo castello, 
son tre lustri, 
e tratto quivi? 

AZUCENA 
E tu, parla... sei?... 

CONTE 
Fratello del rapito. 

AZUCENA 
Ah!

FERRANDO 
(notando il mal nascosto terrore di
Azucena) 
Sì!

CONTE 
Ne udivi mai novella? 

AZUCENA 
Io?... No... Concedi 
Che del figlio 
l'orme io scopra. 

FERRANDO 
Resta, iniqua... 

AZUCENA 
Ohimè!... 

FERRANDO 
(Ai conde)
Tu vedi chi l'infame, 
orribil opra commettea... 

CONTE 
Finisci. 

FERRANDO 
È dessa. 

AZUCENA 
Taci

FERRANDO 
È dessa che il bambino Arse! 

CONTE 
Ah! perfida! 

CORO
Ella stessa! 

AZUCENA 
Ei mentisce... 

CONTE 
Al tuo destino or non fuggi. 

AZUCENA 
Deh!... 

CONTE 
Quei nodi più stringete. 

(I soldati eseguiscono) 

AZUCENA 
Oh! Dio!... Oh Dio!... 

CORO
Urla pure. 

AZUCENA 
E tu non m'odi,
o Manrico, o figlio mio?... 
Non soccorri all'infelice madre tua? 

CONTE 
Sarebbe ver? 
Di Manrico genitrice? 

FERRANDO 
Trema!... 

CONTE
Oh sorte!... 
in mio poter! 

AZUCENA 
Deh, rallentate, o barbari, 
le acerbe mie ritorte... 
Questo crudel supplizio 
è prolungata morte... 
D'iniquo genitore 
empio figliuol peggiore, trema... 
V'è Dio pei miseri, 
e Dio ti punirà! 

CONTE 
Tua prole, o turpe zingara, 
colui, quel traditore?... 
Potrò col tuo supplizio 
ferirlo in mezzo al core! 
Gioia m'inonda il petto, 
cui non esprime il detto!... 
Meco il fraterno cenere 
piena vendetta avrà! 

FERRANDO, CORO
Infame pira sorgere, 
ah, sì, vedrai tra poco... 
Né solo tuo supplizio 
sarà terreno foco!... 
Le vampe dell'inferno 
a te fina rogo eterno; 
ivi penare ed ardere 
l'anima tua dovrà! 

(Al cenno del Conte i soldati
traggon seco Azucena. Egli entra
nella sua tenda, seguito da errando)

Scena Seconda

(Sala adiacente alla Cappella in
Castellor, con il verone nel fondo)

LEONORA 
Quale d'armi fragor 
poc'anzi intesi? 

MANRICO 
Alto è il periglio! 
Vano dissimularlo fora!
Alla novella aurora 
assaliti saremo!... 

LEONORA 
Ahimè!... che dici!... 

MANRICO 
Ma de' nostri nemici 
avrem vittoria... 
Pari abbiam al loro ardir, 
brando e coraggio!... 

(a Ruiz) 

Tu va'; le belliche opre, 
nell'assenza mia breve, 
a te commetto. 
Che nulla manchi!... 

(Ruiz parte) 

LEONORA 
Di qual tetra luce 
il nostro imen risplende! 

MANRICO 
Il presagio funesto, 
deh, sperdi, o cara!... 

LEONORA 
E il posso? 

MANRICO 
Amor... sublime amore, 
in tale istante 
ti favelli al core. 
Ah! sì, ben mio, coll'essere 
io tuo, tu mia consorte, 
avrò più l'alma intrepida, 
il braccio avrò più forte; 
ma pur se nella pagina 
de' miei destini è scritto 
ch'io resti fra le vittime 
dal ferro ostil trafitto, 
fra quegli estremi aneliti 
a te il pensier verrà 
e solo in ciel precederti 
la morte a me parrà! 

(Odesi il suono dell'organo della
vicina cappella)

LEONORA, MANRICO
L'onda de' suoni mistici 
pura discende al cor! 
Vieni; ci schiude il tempio 
gioie di casto amor. 

(Ruiz sopraggiunge frettoloso) 

RUIZ 
Manrico? 

MANRICO 
Che? 

RUIZ 
La zingara, 
vieni, tra ceppi mira... 

MANRICO 
Oh Dio! 

RUIZ 
Per man de' barbari 
accesa è già la pira... 

MANRICO 
(accostandosi al verone) 
Oh ciel! mie membra oscillano... 
Nube mi copre il ciglio! 

LEONORA 
Tu fremi! 

MANRICO 
E il deggio!... Sappilo. Io son... 

LEONORA 
Chi mai? 

MANRICO 
Suo figlio!... 
Ah! vili!... il rio spettacolo 
Quasi il respir m'invola... 
Raduna i nostri, affrettati... 
Ruiz... va... 
torna... vola... 

(Ruiz parte) 

Di quella pira l'orrendo foco 
tutte le fibre m'arse. avvampò!... 
Empi, spegnetela, o ch'io fra poco 
col sangue vostro la spegnerò... 
Era già figlio prima d'amarti, 
non può frenarmi il tuo martir. 
Madre infelice, corro a salvarti, 
o teco almeno corro a morir! 

LEONORA 
Non reggo a colpi tanto funesti... 
Oh, quanto meglio saria morir! 

(Ruiz torna con Armati) 

RUIZ, ARMATI
All'armi, all'armi! 
Eccone presti  a pugnar teco, 
teco a morir. 

(Manrico parte frettoloso seguito da
Ruiz e dagli Armati)
ACTO III
(El Hijo de la Gitana)

Escena Primera

(Un campamento. A la derecha, el
pabellón del Conde de Luna, sobre
el cual ondea la bandera en señal
de suprema autoridad; a lo lejos 
se ve Castellar. Por todos los 
lugares se ven soldados; algunos
juegan, otros limpian las armas,
bastantes pasean; Fernando sale
del pabellón del Conde)

SOLDADOS
Ahora jugamos con dados, 
pero dentro de poco 
jugaremos a otro juego.

OTROS SOLDADOS
Este acero de sangre ahora limpio,
será  de sangre en breve cubierto.

(Se oyen instrumentos militares)

SOLDADOS
Es el socorro pedido!

OTROS SOLDADOS
¡Tienen aspecto de ser valientes!

(Un numeroso pelotón de ballesteros,
armados por completo, atraviesan el
campo)

TODOS
Más el asalto a Castellar 
no será retrasado más.

FERNANDO
Sí, mis nobles amigos; 
en el nuevo día es 
pensamiento del capitán 
la torre atacar por todas partes.
Allí pingüe botín
con certeza encontraremos.
Venceremos;
estad seguros.

TODOS
¡Todo invita a la danza! 
Suene, retumbe la trompeta, 
llame a las armas, a la lucha,
al asalto. 
Será mañana nuestra bandera 
de aquellos muros 
plantada en lo alto.
Jamás nos sonrió la esperanza
con más alegres promesas que ahora.
Allí el provecho y la gloria 
nos esperan,
allí obtendremos el botín y el honor.

(El conde sale de la tienda y lanza
una terrible mirada a Castellar)

CONDE
¡En brazos de mi rival! 
Este pensamiento, 
como terrible demonio, 
dondequiera me sigue... 
¡En brazos de mi rival!. 
Pero correré, 
apenas nazca la aurora,
correré a separaros... ¡Oh, Leonor!.

(Se oye tumulto)

¿Qué sucede?

FERNANDO
Alrededor del campamento
erraba una gitana; sorprendida 
por nuestros exploradores
intentó huir; ellos, 
con razón temiendo
una espía en la malvada,
la siguieron...

CONDE
¿La cogieron?.

FERNANDO
Apresada fue.

CONDE
¿La has visto tú? 

FERNANDO
No; del grupo el capitán 
me ha anticipado la noticia.

CONDE
Aquí llega.

(Se oye el tumulto más cercano.
Azucena, con las manos atadas,
es llevada por los exploradores
seguidos de otros soldados)

EXPLORADORES
Adelante, oh bruja, adelante...

AZUCENA
¡Auxilio! Dejadme. .  ¡Oh crueles!
¿Qué mal os he hecho?

CONDE
¡Acercarla.!

(Azucena es llevada ante el Conde)

Respóndeme.
¡Y tiembla si a mentir te atreves!

AZUCENA
Pregunta.

CONDE
¿A dónde te diriges?

AZUCENA
No lo sé.

CONDE
¿Cómo puede ser eso?

AZUCENA
De los gitanos es costumbre
iniciar sin meta 
los pasos vagabundos,
y es su techo el cielo, 
su patria el mundo.

CONDE
¿De dónde vienes?

AZUCENA
De Vizcaya, donde hasta ahora
las estériles montañas 
me dieron refugio.

CONDE
¡De Vizcaya!

FERNANDO
(para sí)
¡Qué oigo!... ¡Oh, qué sospecha!

AZUCENA
Allí pobre vivía
pero contenta con mi estado
como única esperanza un hijo tenía.
Me dejó... 
Me ha olvidado el ingrato.
Yo, sola, voy errante.
Ese hijo buscando
ese hijo que a mi corazón
penas horribles costó
y por el cual siento un amor
que madre en la tierra no ha sentido.

FERNANDO
(para sí)
¡Es su mismo rostro!

CONDE
Dime, ¿has estado mucho tiempo 
en aquellos montes?

AZUCENA
Largo tiempo, sí.

CONDE
¿ Recuerdas un niño, 
hijo de un conde,
robado de su castillo 
hace tres lustros, 
y arrojado a una hoguera?

AZUCENA
Tú, que me hablas..., ¿quién eres?

CONDE
Hermano del raptado.

AZUCENA
¡Oh!

FERNANDO
(para sí, al ver el terror de 
Azucena)
¡Es ella!

CONDE
¿Nunca has oído esa historia?

AZUCENA
¿Yo?... No. . 
Concédeme que de mi hijo 
las huellas busque.

FERNANDO
¡Te quedarás, inicua.!

AZUCENA
¡Ay de mi!

FERNANDO
(al conde)
Vos veis a quien la infame, 
la horrible obra realizó...

CONDE
Acaba.

FERNANDO
Es ella.

AZUCENA 
¡Calla!

FERNANDO
Es ella quien el niño quemó.

CONDE
¡Ah, pérfida!

CORO
¡Es ella!

AZUCENA
Ese hombre ha mentido.

CONDE
De tu destino no escaparás.

AZUCENA
¡Ay!

CONDE
¡Esas ligaduras apretad!

(Los soldados lo hacen)

AZUCENA
¡Oh Dios!... ¡Oh Dios!

CORO
Grita cuanto quieras.

AZUCENA
¿Y tú no me oyes oh Manrique, 
oh hijo mio?
¿No socorres a tu infeliz madre?

CONDE
¿Es posible?
¡La madre de Manrique!

FERNANDO
¡Temblar puede!

CONDE
¡Oh suerte benévola!... 
¡En mi poder!

AZUCENA
¡Ay! Moderad, oh bárbaros,
mis acerbas torturas...
Este cruel suplicio 
es prolongada muerte...
De inicuo padre
nació impío peor hijo, pero ¡tiembla!
Hay un Dios que por los míseros vela.
Y ese Dios te castigará.

CONDE
Tu hijo, oh torpe gitana,
es el maldito seductor...
Podré con tu suplicio
herirlo en medio del corazón.
El gozo me inunda el pecho
como la palabra no puede expresar.
Mi hermano vivo quemado
plena venganza tendrá.

FERNANDO, CORO
Infame pira arder, impía, 
verás dentro de poco...
Y tu suplicio no acabará 
con el horrendo fuego;
las llamas del infierno
para ti serán eterna hoguera.
Allí penar y arder 
tu alma tendrá.

(A una señal del conde, los soldados
se llevan a Azucena. El conde entra
en su tienda)

Escena Segunda

(Sala adyacente a la capilla de
Castellar con balcón en el fondo)

LEONOR
¿Qué significa el fragor de armas 
que hace poco he oído?

MANRIQUE
Gran peligro corremos. 
Vano disimularlo fuera.
Cuando nazca la nueva aurora
asaltados seremos...

LEONOR
¡Ay!... ¿Qué dices?

MANRIQUE
Pero sobre nuestros enemigos
victoria obtendremos... 
Iguales a ellos tenemos 
audacia, espada y valor

(a Ruiz)

Tu vete a las bélicas defensas;
en mi breve ausencia, 
a ti te encargo 
que nada falte...

(Ruiz sale) 

LEONOR 
Qué funestas luces
nuestra boda iluminan.

MANRIQUE
Todo presagio funesto
aparta de ti, oh amada.

LEONOR
¿Es posible?

MANRIQUE
Amor... sublime amor
en los próximos instantes 
te hable al corazón...
¡Ah! sí, mi bien, 
siendo yo tuyo y tú mi esposa, 
será más intrépida mi alma,
mi brazo será más fuerte.
Pero si en el libro
de mi destino está escrito
que yo quede entre las víctimas,
por el hierro enemigo traspasado,
en los últimos momentos,
a ti mi pensamiento irá,
y sólo precederte en el cielo
la muerte para mí será.

(Se oye el órgano de la vecina
capilla)

MANRIQUE, LEONOR
Los sones de mística melodía
puros descienden sobre el corazón;
ven; nos abre el templo
la dicha inmensa de casto amor.

(aparece Ruiz corriendo)

RUIZ
Manrique...

MANRIQUE
¿Qué ocurre?

RUIZ
La gitana,
ven, mírala de cadenas cargada.

MANRIQUE
¡Oh, Dios!

RUIZ
Por mano de los bárbaros
encendida está ya la pira.

MANRIQUE
(Se acerca al balcón)
¡Oh, cielos! Mi cuerpo vacila...
Nubes cubren mis ojos.

LEONOR
¡Tiemblas!

MANRIQUE
Es ella... Debes saberlo. Yo soy...

LEONOR
¿Quién?

MANRIQUE
¡Su hijo!..:
¡Ah!  ¡Cobardes! ...
El horrible espectáculo
el aliento me roba...
Reúne a los nuestros, apresúrate...
Ruiz... vete...torna... vuela...

(Ruiz sale)

De esa pira el horrendo fuego
todas las fibras me quema... 
Impíos, apagadla, o dentro de poco
con vuestra sangre la apagaré yo...
Además de amarte soy tu hijo,
no puedo ver impasible tu martirio.
Madre infeliz, corro a salvarte,
o contigo, al menos, corro a morir.

LEONOR
No resisto golpes tan funestos...
¡Oh, cuánto mejor sería morir!

(Ruiz vuelve con soldados)

RUIZ, SOLDADOS
¡A Las armas! ¡A las armas!
Henos prestos a luchar contigo,
contigo a morir.

(Manrique sale presuroso seguido de
Ruiz y de los soldados)
 
ATTO IV
(Il supplizio)

Scena Prima

(Un'ala del palazzo dell'Aliaferia. 
All'angolo una torre con finestre
assicurate da spranghe di ferro. 
Notte oscurissima. Si avanzano due
persone ammantellate: sono Ruiz e
Leonora)

RUIZ
Siam giunti; 
ecco la torre, 
ove di Stato gemono i prigionieri...
ah, l'infelice ivi fu tratto! 

LEONORA
Vanne, lasciami, 
né timor di me ti prenda... 
Salvarlo io potrò forse. 

(Ruiz si allontana)

Timor di me?... sicura, 
presta è la mia difesa. 

(I suoi occhi figgonsi ad una gemma
che le fregia la mano destra.) 

In quest'oscura notte ravvolta,
presso a te son io, 
e tu nol sai... 
Gemente aura che intorno spiri, 
deh, pietosa gli arreca 
i miei sospiri... 
D'amor sull'ali rosee 
vanne, sospir dolente: 
Del prigioniero misero 
conforta l'egra mente... 
Com'aura di speranza 
aleggia in quella stanza: 
Lo desta alle memorie, 
ai sogni dell'amor! 
Ma deh! non dirgli, improvvido, 
le pene del mio cor! 

(Suona la campana dei morti)

VOCI INTERNE
Miserere d'un'alma già vicina 
alla partenza che non ha ritorno! 
Miserere di lei, bontà divina, 
preda non sia 
dell'infernal soggiorno! 

LEONORA
Quel suon, 
quelle preci solenni,
funeste, empiron quest'aere 
di cupo terror!... 
Contende l'ambascia, 
che tutta m'investe,
al labbro il respiro, 
i palpiti al cor!

(Rimane assorta; dopo qualche
momento scuotesi, ed è in procinto
di partire, allorché viene dalla 
torre un gemito)

MANRICO
(dalla torre)
Ah, che la morte ognora 
è tarda nel venir 
a chi desia morir!...
Addio, Leonora! 

LEONORA
Oh ciel!... sento mancarmi! 

VOCI INTERNE
Miserere d'un'alma già vicina 
alla partenza che non ha ritorno! 
Miserere di lei, bontà divina 
preda non sia 
dell'infernal soggiorno! 

LEONORA
Sull'orrida torre, ah!
Par che la morte con ali di tenebre
librando si va! 
Ahi! forse dischiuse gli fian queste
porte sol quando cadaver 
già freddo sarà! 

MANRICO
(dalla torre)
Sconto col sangue mio 
l'amor che posi in te!... 
Non ti scordar di me! 
Leonora, addio! 

LEONORA
Di te, di te scordarmi!!... 
Tu vedrai che amore in terra 
mai del mio non fu più forte; 
vinse il fato in aspra guerra, 
vincerà la stessa morte. 
O col prezzo di mia vita 
la tua vita io salverò, 
o con te per sempre unita 
nella tomba io scenderò. 

(S'apre una porta; n'escono il Conte
ed alcuni Seguaci. Leonora si pone
in disparte)

CONTE
Udite? Come albeggi, 
la scure al figlio 
ed alla madre il rogo. 

(I Seguaci entrano nella torre)
 
Abuso io forse del poter che pieno 
In me trasmise il prence! 
A tal mi traggi, 
Donna per me funesta!... 
Ov'ella è mai? 
Ripreso Castellor, 
di lei contezza 
non ebbi, e furo indarne 
tante ricerche e tante! 
Ah! dove sei, crudele? 

LEONORA
(avanzandosi)
A te dinante. 

CONTE
Qual voce!... come!... tu, donna?

LEONORA
Il vedi. 

CONTE
A che venisti? 

LEONORA
Egli è già presso all'ora estrema; 
e tu lo chiedi? 

CONTE
Osar potresti?... 

LEONORA
Ah sì, per esso pietà domando... 

CONTE
Che! tu deliri! 
Io del rival sentir pietà? 

LEONORA
Clemente Nume a te l'ispiri... 

CONTE
È sol vendetta mio Nume... Va. 

LEONORA
(Si getta a' suoi piedi) 
Mira, di acerbe lagrime 
spargo al tuo piede un rio: 
Non basta il pianto? svenami, 
ti bevi il sangue mio... 
Calpesta io mio cadavere, 
ma salva il Trovator! 

CONTE
Ah! dell'indegno rendere 
vorrei peggior la sorte: 
fra mille atroci spasimi 
centuplicar sua morte; 
più l'ami, e più terribile 
divampa il mio furor! 

(Vuol partire, Leonora si avviticchia
ad esso)

LEONORA
Conte... 

CONTE
Né cessi? 

LEONORA
Grazia!... 

CONTE
Prezzo non avvi alcuno 
ad ottenerla... scostati... 

LEONORA
Uno ve n'ha... sol uno!... 
Ed io te l'offro. 

CONTE
Spiegati, Qual prezzo, di'. 

LEONORA
Me stessa! 

CONTE
Ciel!... tu dicesti?... 

LEONORA
E compiere saprò la mia promessa. 

CONTE
È sogno il mio? 

LEONORA
Dischiudimi la via fra quelle mura...
Ch'ei m'oda... Che la vittima 
fugga, e son tua. 

CONTE
Lo giura. 

LEONORA
Lo giuro a Dio che l'anima 
tutta mi vede! 

CONTE
Olà! 

(Si presenta un custode; mentre il
Conte gli parla all'orecchio,
Leonora sugge il veleno chiuso
nell'anello)

LEONORA
M'avrai, 
ma fredda esanime spoglia

CONTE
(a Leonora)
Colui vivrà. 

LEONORA
Vivrà!... contende il giubilo 
i detti a me, Signore... 
Ma coi frequenti palpiti 
merce' ti rende il core! 
Ora il mio fine impavida, 
piena di gioia attendo... 
Potrò dirgli morendo: 
Salvo tu sei per me!

CONTE
Fra te che parli?... volgimi, 
volgimi il detto ancora, 
o mi parrà delirio 
quanto ascoltai finora... 
Tu mia!... 
Tu mia!... ripetilo. 
Il dubbio cor serena... 
Ah!... ch'io lo credo appena 
udendolo da te! 

LEONORA
Andiam... 

CONTE
Giurasti... pensaci! 

LEONORA
È sacra la mia fe'! 

(Entrano nella torre)

Scena Seconda

(Orrido carcere. In un canto
finestra con inferriata. Porta nel
fondo. Smorto fanale pendente dalla
volta. Azucena giacente sopra una
specie di rozza coltre, Manrico
seduto a lei dappresso)

MANRICO 
Madre?... non dormi? 

AZUCENA 
L'invocai più volte, 
ma fugge il sonno a queste luci...
Prego... 

MANRICO 
L'aura fredda è molesta 
alle tue membra forse? 

AZUCENA 
No; da questa tomba di vivi 
sol fuggir vorrei, 
perché sento il respiro soffocarmi!

MANRICO
Fuggir! 

AZUCENA 
Non attristarti: Far di me strazio 
non potranno i crudi! 

MANRICO 
Ah! come? 

AZUCENA 
Vedi?... Le sue fosche impronte 
m'ha già stampato in fronte 
il dito della morte! 

MANRICO 
Ahi! 

AZUCENA 
Troveranno un cadavere 
muto, gelido!... anzi uno scheletro! 

MANRICO 
Cessa! 

AZUCENA 
Non odi?... gente appressa... 
I carnefici son...
Vogliono al rogo trarmi!... 
Difendi la tua madre! 

MANRICO 
Alcuno, ti rassicura, 
qui non volge... 

AZUCENA
Il rogo! 
Parola orrenda! 

MANRICO
Oh madre!... oh madre! 

AZUCENA 
Un giorno, turba feroce 
l'ava tua condusse al rogo... 
Mira la terribil vampa! 
Ella n'è tocca già! 
Già l'arso crine al ciel 
manda faville!... 
Osserva le pupille 
fuor dell'orbita lor!... 
ahi... chi mi toglie 
a spettacol sì atroce? 

(cadendo le braccia di Manrico)

MANRICO 
Se m'ami ancor, 
se voce di figlio ha possa 
d'una madre in seno, 
ai terrori dell'alma 
oblio cerca nel sonno, 
e posa e calma. 

AZUCENA 
Sì, la stanchezza m'opprime, 
o figlio... 
ha posa d'una madre in seno,
ai terrori dell'alma 
oblio cerca nel sonno, 
e posa e calma. 

MANRICO 
Riposa, o madre: Iddio conceda 
men tristi immagini 
al tuo sopor. 

AZUCENA 
(tra il sonno e la veglia) 
Ai nostri monti... ritorneremo... 
L'antica pace... ivi godremo...
Tu canterai... sul tuo liuto... 
In sonno placido... io dormirò! 

MANRICO 
Riposa, o madre: 
io prono e muto 
la mente al cielo rivolgerò. 

(Si apre la porta, entra Leonora: gli
anzidetti, il Conte con Armati)

MANRICO 
Ciel!.. 
Non m'inganna quel fioco lume?... 

LEONORA 
Son io, Manrico... 

MANRICO 
Oh, mia Leonora! 
Ah, mi concedi, pietoso Nume, 
gioia sì grande, anzi ch'io mora? 

LEONORA 
Tu non morrai... vengo a salvarti... 

MANRICO 
Come!... a salvarmi?, 
fia vero! 

LEONORA 
Addio... 
Tronca ogni indugio... 
t'affretta...parti...

(accennandogli la porta) 

MANRICO 
E tu non vieni? 

LEONORA 
Restar degg'io!... 

MANRICO 
Restar!... 

LEONORA 
Deh! fuggi!... 

MANRICO 
No. 

LEONORA 
Guai se tardi! 

MANRICO 
No... 

LEONORA 
La tua vita!... 

MANRICO 
Io la disprezzo... 
Pur figgi, o donna,
in me gli sguardi!... 
Da chi l'avesti?... 
Ed a qual prezzo?... 
Parlar non vuoi?... 
Balen tremendo!... 
Dal mio rivale!... 
Intendo... intendo!... 
Ha quest'infame l'amor venduto... 
Venduto un core che mi giurò! 

LEONORA 
Oh, come l'ira ti rende cieco! 
Oh, quanto ingiusto, 
crudel sei meco! 
T'arrendi... fuggi, o sei perduto! 
Nemmeno il cielo salvar ti può! 

AZUCENA 
(dormendo) 
Ai nostri monti... ritorneremo... 
L'antica pace... ivi godremo... 
Tu canterai... sul tuo liuto... 
In sonno placido... io dormirò... 

MANRICO 
Ti scosta... 

LEONORA 
Non respingermi... 
Vedi?... Languente, oppressa, 
lo manco... 

MANRICO 
Va'... ti abbomino... 
Ti maledico... 

LEONORA 
Ah, cessa! 
Non d'imprecar, di volgere per me
la prece a Dio è questa l'ora! 

MANRICO 
Un brivido corse 
nel petto mio! 

LEONORA
(Cade bocconi) 
Manrico! 

MANRICO 
Donna, svelami... Narra. 

LEONORA 
Ho la morte in seno... 

MANRICO 
La morte!... 

LEONORA 
Ah, fu più rapida 
la forza del veleno 
ch'io non pensava!... 

MANRICO 
Oh fulmine! 

LEONORA 
Senti! la mano è gelo... 

(toccandosi ilpetto) 

Ma qui... 
Qui foco orribile arde... 

MANRICO 
Che festi!... o cielo! 

LEONORA 
Prima che d'altri vivere... 
Io volli tua morir!... 

MANRICO 
Insano!... ed io quest'angelo 
osava maledir! 

LEONORA 
Più non resisto! 

MANRICO 
Ahi misera!... 

(Entra il Conte, arrestandosi sulla
soglia) 

LEONORA 
Ecco l'istante... Io moro... 

MANRICO
Or la tua grazia... 
Padre del cielo... imploro... 
Insano! ... ed io quest'angelo
osava maledir!

LEONORA
Prima... che... d'altri vivere... 
Io volli... tua morir! 

(Spira) 

CONTE 
Ah! volle me deludere, 
e per costui morir!

(additando agli armati Manrico) 

Sia tratto al ceppo! 

MANRICO 
(partendo tra gli armati) 
Madre... oh madre, addio! 

AZUCENA 
(destandosi) 
Manrico!... Ov'è mio figlio? 

CONTE 
A morte corre!... 

AZUCENA 
Ah ferma!... M'odi... 

CONTE 
(trascinando Azucena verso la
finestra) 
Vedi?... 

AZUCENA 
Cielo! 

CONTE 
È spento! 

AZUCENA 
Egli era tuo fratello!.. 

CONTE 
Ei!... quale orror!... 

AZUCENA 
Sei vendicata, o madre! 

CONTE
(inorridito) 
E vivo ancor! 

FINE
ACTO IV
(el suplicio)

Escena Primera

(Un ala del palacio de la Aljafería.
En el ángulo una torre con ventanas
aseguradas con barrotes de hierro.
Noche muy obscura. Se avanzan dos
personas embozadas: son Ruiz y
Leonor)

RUIZ
Hemos llegado; 
esa es la torre donde gimen 
los prisioneros del Estado... 
Ah, el infeliz a ella fue traído.

LEONOR
Vete, déjame, 
no temas por mi...
Quizá podré salvarlo.

(Ruiz se marcha)

¿Temor por mí?... 
Segura y pronta es mi defensa.

(Sus ojos se fijan en una sortija
que lleva en la mano derecha)

En esta oscura noche, 
junto a ti estoy tú no lo sabes...
Brisa que silenciosa soplas.
¡Ay!, piadosa, 
llévale mis suspiros...
Del amor sobre las alas rosadas vete,
suspiro doliente;
del mísero prisionero
consuela la triste mente...
Como aurora de esperanza
refresca aquella estancia:
Despierta su memoria
a los sueños de amor
pero, ¡ay!, no vayas a decirle,
por descuido,
las penas de mi corazón.

(se oye una campana)

VOCES INTERIORES
Misericordia de un alma cercana
a la partida que no tiene retorno.
Misericordia de ella, 
bondad divina,
presa no sea del demonio infernal.

LEONOR
Ese tañido, esas preces 
Solemnes, funestas
llenaron la atmósfera 
de sombrío terror.
Debo contener la angustia, 
que por entero me domina,
del labio la respiración, 
del corazón la palpitación.

(Permanece silenciosa; después se
estremece y va a seguir su camino
cuando se oye en la torre un
gemido)

MANRIQUE
(desde el interior de la torre)
Ah, siempre la muerte
se retrasa en venir...
Al que desea morir...
¡Adiós, Leonor!

LEONOR
¡Oh, cielo!... Las fuerzas me faltan.

VOCES INTERIORES
Misericordia de un alma cercana
a la partida que no tiene retorno.
Misericordia de ella, 
bondad divina,
presa no sea del demonio infernal.

LEONOR
Sobre la hórrida torre, ¡ay!, 
parece que la muerte 
con las alas tenebrosas 
cerniéndose está.
¡Ah! quizá abierta le sea esa puerta
sólo cuando cadáver ya frío sea.

MANRIQUE
(desde la torre)
Pago con mi sangre
el amor que puse en ti...
¡No te olvides de mí! 
¡Leonor, adiós!

LEONOR
¡De ti olvidarme!...
Verás que amor en la tierra
no ha habido más fuerte que el mío:
Venció al destino en terrible guerra,
vencerá a la misma muerte.
Con el precio de mi vida
la tuya salvaré,
o contigo para siempre unida
a la tumba yo bajaré.

(Se abre una puerta; y salen el
conde y varios secuaces. Leonor se
esconde)

CONDE
¿Oísteis? Cuando alboree
la cuchilla al hijo, 
a la madre la hoguera.

(Los secuaces  entran en la torre)

Abuso tal vez del pleno poder 
que me ha concedido el rey. 
¡A tal extremo me ha llevado
una mujer para mí funesta!... 
¿Dónde estará ahora?
Cuando tomamos Castellar, 
de ella noticia no tuve, 
y fueron vanas cuantas 
búsquedas ordené
¡Ah! ¿Dónde estás, cruel?

LEONOR
(adelantándose)
Delante de ti.

CONDE
¡Qué voz!... ¡Cómo!...¿Tu, Leonor?

LEONOR
Ya lo ves.

CONDE
¿A qué has venido?

LEONOR
Él esta próximo a su hora postrera,
¿y me lo preguntas?

CONDE
¿Entonces aun te atreves...?

LEONOR
¡Ah, sí, para él piedad te pido!

CONDE
¡Tu deliras!
¿Yo de mi rival sentir piedad?

LEONOR
El clemente Dios te la inspire.

CONDE
Mi Dios es la venganza... ¡Vete!

LEONOR
(se arroja a  sus pies)
Mira, con amargas lágrimas
baño tus pies.
¿No te basta mi llanto? 
Mátame; y mi sangre podrás beber...
Pisotear mi cadáver,
pero salva al Trovador.

CONDE
¡Ah! del indigno quisiera
hacer peor la suerte;
entre mil atroces espasmos
darle cien muertes...
Cuando más le amas, 
más terrible llamea mi furor. 

(Quiere marcharse pero Leonor se
lo impide)

LEONOR
¡Conde!

CONDE
¿No callas?

LEONOR
¡Gracia!

CONDE
Precio no tienes alguno 
para obtenerla... ¡Apártate!

LEONOR
Uno hay... solo uno...
y yo te lo ofrezco.

CONDE
¡Explícate! ¿Cuál es el precio? ¡Di!

LEONOR
¡Yo misma!

CONDE
¡Cielos!... ¿Dices que....?

LEONOR
Y cumplir sabré mi promesa.

CONDE
¿Estoy soñando?

LEONOR
Ábreme un camino entre esos muros...
Que yo le vea... 
que la víctima huya... y soy tuya.

CONDE
Júralo.

LEONOR
Lo juro por Dios 
que el alma toda me ve.

CONDE
¡Abrid! 

(A la entrada de la torre sale un
carcelero. Mientras el Conde habla
con él, Leonor bebe el veneno que
lleva en el anillo)

LEONOR
Me tendrá; 
pero fría, exánime esposa

CONDE
(a Leonor)
Él vivirá

LEONOR
Vivirá... el júbilo enmudece
mi lengua, oh Señor...
Pero con sus latidos
gracias te da el corazón.
Ahora mi fin impávida
llena de gozo espero...
Decirlo podrá muriendo:
¡Te he salvado con mi vida!

CONDE
¿Entre ti qué hablas?... 
¡Ah! repítemelo.
Repítemelo una vez más
o me parecerá un sueño.
Cuanto escuché hasta ahora...
Tú mía... tú mía... repítemelo;
El desconfiado corazón se serena
¡ah! que yo lo creo apenas
oyéndolo de ti.

LEONOR
Vamos.

CONDE
Lo juraste... no lo olvides.

LEONOR
Y sagrado es mi juramento.

(Entran en la torre)

Escena Segunda

(Obscuro calabozo. A un lado hay
una ventana con barrotes. Puerta 
en el fondo. Un mortecino farol 
cuelga del techo. Azucena está 
echada sobre una manta. Manrique 
se sienta junto a ella)

MANRIQUE
Madre... ¿no duermes?

AZUCENA
Varias veces le he llamado
pero el sueño huye de mis ojos...
Rezo.

MANRIQUE
¿El aire frío 
te molesta quizá?

AZUCENA
No; de esta tumba de vivos 
sólo huir quisiera.
¡Siento que me ahogo!

MANRIQUE
¡Huir!  

AZUCENA 
No te entristezcas;
quemarme no podrán los crueles.

MANRIQUE
¿Por qué dices eso?

AZUCENA
Mira... Su huella terrible,
ha estampado ya en mi frente
el dedo de la muerte.

MANRIQUE
¡Por favor!

AZUCENA
Encontrarán un cadáver mudo,
helado... más bien un esqueleto.

MANRIQUE
¡Por Dios, calla!

AZUCENA
¿No oyes?... gente se acerca...
Los verdugos son... 
quieren a la hoguera llevarme...
¡Defiende a tu madre!

MANRIQUE
Quienquiera que sea,
te lo aseguro, aquí no viene.

AZUCENA
¡La hoguera!
¡Palabra horrenda!

MANRIQUE
¡Oh madre!... Oh madre!

AZUCENA
Un día turba feroz a tu abuela 
llevó a la hoguera... 
Mira las terribles llamas 
¡La tocan ya! 
¡Ya le arde el cabello!
Y al cielo envía chispas.
Observa sus pupilas.
¡Fuera de las órbitas están! 
¡Ay! ¿Quién me libra 
de espectáculo tan horrible?

(Cae en brazos de Manrique)

MANRIQUE
Si me amas, 
si la voz de tu hijo
poder tiene sobre tu corazón,
detén los terrores del alma
olvido busca en el sueño 
y descansa en paz.

AZUCENA
Sí, el cansancio me oprime,
oh hijo...
Al sueño yo me entregaré...
Pero si de la hoguera arder ves
la horrenda llama, 
despiértame.

MANRIQUE
Reposa, oh madre. Dios conceda
la ausencia de tristes imágenes 
a tu sueño.

AZUCENA 
(Entre sueños)
A nuestros montes... volveremos...
La antigua paz... allí gozaremos...
Tu cantarás acompañado de tu laúd.
Con sueño plácido... yo dormiré.

MANRIQUE
Reposa, oh madre; 
yo devoto y mudo
el corazón al cielo volver.

(Se abre la puerta, entra Leonor;
después, el Conde consoldados)

MANRIQUE
¡Cielos!... 
¡No me engaña la poca luz?

LEONOR
Soy yo, Manrique.

MANRIQUE
¡Oh mi Leonor!
Ah, me concede Dios piadoso
gozo tan grande antes de morir.

LEONOR
No morirás... Vengo a salvarte...

MANRIQUE
¡Cómo! ¿A salvarme?... 
¿Dices la verdad?

LEONOR
Adiós...
No titubees... 
apresúrate... huye...

(Señalándole la puerta)

MANRIQUE
¿Y tú no vienes?

LEONOR
Debo quedarme.

MANRIQUE
¡Quedarte!

LEONOR
¡Ay! ¡Huye!

MANRIQUE
No.

LEONOR
¡Ay de ti si tardas.!

MANRIQUE
¡No!

LEONOR
¡Perderás la vida!

MANRIQUE
¡Yo la desprecio!
¡Mírame, oh Leonor, a los ojos!
¿De quién hubiste mi libertad?... 
¿A qué precio?
¿No quieres hablar? 
¡Idea tremenda!
¡De mi rival!
Comprendo, comprendo.
A ese infame tu amor has vendido...
Le has vendido el corazón 
que juró ser mío!

LEONOR
¡Oh, cuán ciego te hace la ira!
¡Cuán injusto y cruel eres conmigo!
Vete... huye, o estás perdido
Y ni el cielo siquiera 
te podrá salvar.

AZUCENA 
(Entre sueños)
A nuestros montes... volveremos.
La antigua paz... allí gozaremos.
Tú cantarás... con tu laúd,
Con sueño plácido... yo dormiré.

MANRIQUE
¡Vete!

LEONOR
No me rechaces...
¿Ves?... Débil, oprimida, 
las fuerzas me faltan...

MANRIQUE
¡Vete! Te detesto...
¡Maldita seas!

LEONOR
¡Oh, calla!
No de maldecir sino de rezar
por mi a Dios es esta hora.

MANRIQUE
Un estremecimiento 
sacude mi cuerpo.

LEONOR 
(Cae de bruces)
¡Manrique!

MANRIQUE 
Leonor, explícate; ¡Habla!

LEONOR
Tengo la muerte en el pecho.

MANRIQUE
¡La muerte!

LEONOR
Ah, fue más rápida
la acción del veneno
de lo que yo pensaba.

MANRIQUE
¡Oh Dios!

LEONOR
Coge mi mano; es hielo...

(le señala el pecho)

Pero aquí... 
aquí fuego horrible arde...

MANRIQUE
¿Qué has hecho?... ¡Oh cielo!

LEONOR
Antes que vivir siendo de otro...
He querido tuya morir...

MANRIQUE
¡Loco de mí!
A este ángel he osado maldecir!

LEONOR
¡No puedo más!

MANRIQUE
¡Amor mío!

(Entra el Conde y se detiene en el
umbral)

LEONOR
He llegado al final, me muero

MANRIQUE
Ahora tu perdón...
Padre del cielo...imploro...
¡Loco de mí!
A este ángel he osado maldecir!

LEONOR
Antes... que... de otro ser...
He querido... tuya morir.

(muere)

CONDE
¡Ah! ¡A mí me has engañado
y por él mueres!

(Señalando a Manrique)

¡Llevadlo al patíbulo!

MANRIQUE
(Sale entre los soldados)
Madre... oh madre, adiós.

AZUCENA 
(Despertándose)
¡Manrique!... ¿Dónde está mi hijo?

CONDE
A la muerte va.

AZUCENA
¡Ah, deténlo!... ¡Escúchame!

CONDE 
(Arrastra a Azucena hasta la
ventana)
¿Ves?

AZUCENA
¡Dios mío!

CONDE
¡Ya está muerto!

AZUCENA
¡El era tu hermano!

CONDE
¡El!... ¡Qué horror!

AZUCENA
Estás vengada, oh madre.

CONDE 
(Horrorizado)
¡Y yo vivo todavía!

FIN
 

Agradecimiento

Agradecemos especialmente la gentileza de los sitios web: Intermezzo, de Rafael Torregrosa Sánchez; y Kareol, de Eduardo Almagro López, por permitirnos utilizar parte de sus contenidos.